martedì 12 luglio 2011

Le frequenti ingiustizie con i nomi degli indagati

Vien da riflettere quando da parte di magistratura e forze dell'ordine ti trovi di fronte un muro di gomma dopo aver chiesto semplicemente qualche dato in più, qualche indizio (e non il nome e il cognome) di un soggetto di 35 anni che in auto ha travolto e ucciso un ragazzino di 17 anni ed è riuscito a fare anche peggio: è scappato dal luogo dell'incidente e il il giorno dopo ha mandato il padre di 77 anni in caserma dai carabinieri, dicendogli di assumersi la responsabilità di quanto accaduto.
Nè nome, nè cognome, una battaglia per avere le iniziali, nessuna informazione sul fatto che guidasse ubriaco o meno. Mi salta alla mente la notte tra sabato 4 e domenica 5 dicembre dell'anno scorso: arrestarono un marocchino, nel giro di un paio d'ore era già l'assassino di Yara Gambirasio, alle tre di notte arrivò il nome, il lunedì quel nome campeggiava sulle prime pagine di tutti i giornali. Tempo due giorni e il giudice delle indagini preliminari fece aprire la cella dell'immigrato. L'assassino non era lui e per fortuna anche noi della stampa abbiamo dovuto fare retromarcia (per forza) ripristinando la posizione dell'operaio magrebino.
Sul trentacinquenne automobilista pirata, invece, non ci sono dubbi. Sembra che in caserma, dai carabinieri, sia crollato e abbia ammesso tutto. Ma non si può nemmeno sapere in che condizioni stava guidando.
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